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Reportage

Il viaggio in Tanzania

IL VIAGGIO IN TANZANIA
Un gran tour firmato Pepita, alla scoperta di un'Africa splendida fatta di una natura immensa, la fauna più incredibile e culture fiere ed autentiche. 


 

Al ritorno da questo viaggio la prima parola che mi viene in mente è nostalgia. Sarà che amo in particolar modo viaggiare in Africa, saranno i paesaggi o sarà la luce dei tramonti che solo lì mi sembra così intesa, sarà la gente ospitale, saranno i vestiti sempre impolverati, saranno le distese infinite della savana del Serengeti con tutti i suoi animali, saranno le piste sterrate con tante buche, sarà la polvere che si mangia... Insomma l'elenco è lungo.
 
Prima di partire si cerca di pensare a tutte le cose indispensabili per un viaggio in queste zone: si va alla ricerca del miglior repellente per le zanzare, si cercano le scarpe più adatte, la valigia più comoda, i vestiti più adeguati; per l'amor del cielo, tutte cose che servono, ma la sensazione quando siamo lì è che tante cose non servono più o perlomeno perdono di importanza... Man mano che passano i giorni ci si abitua al ritmo pole pole, ci si abitua a mangiare e apprezzare quello che ci danno, ci si abitua a dormire nei campi tendati con gli animali vicini, ci si abitua a vedere paesaggi bellissimi che ci riempiono gli occhi e il cuore,  praticamente alla fine abbiamo tutto e piano piano ci si dimentica di quello di cui fino al giorno prima non potevamo fare a meno.
 
Vedere dal finestrino della jeep lo scorrere della vita è qualcosa che mi ipnotizza, potrei trascorrere così intere giornate, senza stancarmi mentre tutto mi appare interessante: dalle capanne lungo la strada che a malapena stanno in piedi, ai piccoli asini carichi di contenitori per l'acqua, le donne che con fierezza si caricano di grandi pesi sulla testa, i bambini che con la spensieratezza dell'età corrono felici. Sicuramente non racconto niente di nuovo, oramai con internet si può vedere tutto prima, tante trasmissioni televisive sono state dedicate all'Africa, ma esserci è un'altra cosa; l'odore che si respira, il sudore, la polvere, il contatto con la popolazione, vedere da vicino gli animali… Se uno non ci viene non potrà provare queste sensazioni.
 
Quando ho deciso di programmare il viaggio in Tanzania, la prima cosa a cui ho pensato sono stati i parchi dove fare il fotosafari, ma subito dopo ho riflettuto anche sull'aspetto antropologico: oltre ai Maasai, che è l'etnia predominate, ci sono altre etnie nomadi che con i Maasai hanno in comune la provenienza nilotica, in quanto nei secoli si sono mossi alla ricerca di acqua e nuovi pascoli. Questo programma quindi è un mix di avventura nella natura selvaggia e un viaggio in chiave antropologica.
 
La prima tappa è stata Arusha, “la capitale dei safari”, qui arrivano tutti i viaggiatori con i voli internazionali per poi partire alla volta dei grandi parchi nazionali. Atterrando si vede il Monte Kilimanjaro (5895 mt), la cima più alta d’Africa, vicino al confine con il Kenya, e il Monte Meru (4565 mt), la montagna che sovrasta la città di Arusha; entrambe le cime sono raggiungibili con trekking più o meno impegnativi. La città non ha niente da offrire dal punto di vista culturale, è cresciuta in maniera abbastanza disordinata e si è sviluppata grazie al turismo, ci sono decine di agenzie che organizzano safari, trekking e altri tipi di escursioni. Noi ci siamo affidati ad un bravo corrispondente con personale italiano, tutti residenti ad Arusha e che conoscono molto bene il Paese. Affidarsi ad un buona organizzazione è molto importante, non solo per le sistemazioni ma soprattutto per la sicurezza delle jeep e degli autisti in quanto le strade sono dissestate.
 
Nel tempo che siamo stati ad Arusha, abbiamo fatto visita ad un orfanotrofio, il Faraja Center, dove abbiamo consegnato dei doni portati dall’Italia, materiale scolastico e abbigliamento; è stata una bella esperienza, siamo stati accolti dalla direttrice che ci ha mostrato la scuola, il metodo educativo utilizzato, le stanze ricreative e le sistemazioni per gli ospiti del centro. A seguire siamo partiti per la zona di Rondugai, la regione a Ovest del Kilimanjaro, un’area interessante sia dal punto di vista paesaggistico che antropologico in quanto qui è possibile un’interazione più autentica con i Maasai, il popolo dalle rosse toghe che condivide l’economia pastorale, il seminomadismo, un sistema sociale patrilineare e poligamico basato su classi di età e una netta divisione sociale del lavoro tra i generi, così come alcuni tratti esteriori della cultura, quali il culto della bellezza, il tabù alimentare del pesce, l’ablazione degli incisivi inferiori, l’espansione dei lobi auricolari, la circoncisione. Nel villaggio di Rondugai si tiene il mercato settimanale dove i Maasai del circondario convergono per acquistare e vendere capre, pecore e buoi.
 
Dopo i due giorni trascorsi ad Arusha siamo partiti per il primo fotosafari nel Parco Nazionale Lake Manyara sotto la scarpata della Rift Valley (La Rift Valley oppure Great Rift Valley o anche Grande fossa tettonica nei testi in italiano, si estende per circa 3500 km lungo il bordo orientale africano, dalla depressione della Dancalia fino al Sudafrica e continua, attraverso il Mar Rosso fino alla Siria, lungo un asse segnato dal Golfo di Aqabah, dal Mar Morto e dalla valle del fiume Giordano). Dichiarato parco nel 1960, questo territorio è un misto tra savana e giungla tropicale e rappresenta un vero santuario per numerosissime specie animali, tra cui spiccano grandi colonie di babbuini, cercopitechi e altre specie di scimmie, elefanti, giraffe e 380 specie di uccelli.
 
La sera ci siamo sistemati in un bel lodge nella cittadina di Karatu. Il giorno successivo abbiamo fatto un'escursione nella zona del Lago Eyasi, privilegiando l'aspetto antropologico del viaggio, andando a conoscere due etnie, che popolano queste zona. Prima abbiamo incontrato i Bushmen Hadzabe, gli ultimi eredi di una civiltà che non conosce l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, la ceramica e la metallurgia. Vivono di caccia praticata con arco e frecce e della raccolta di bacche e frutti spontanei. Sono gli ultimi eredi degli homines sapientes che proprio qui, lungo la Rift Valley, hanno mosso i primi passi circa 200.000 anni fa. Il loro stile di vita è rimasto immutato da millenni, vivono in piccoli gruppi erranti di una ventina di individui ed incontrarli è stata un’esperienza decisamente interessante. A seguire abbiamo incontrato i Datoga, allevatori poligami originari del Corno d’Africa, giunti in questa regione seguendo le mandrie alla ricerca di pascoli. Ci hanno accolto nel loro villaggio e ci hanno mostrato l’officina del fabbro che produce con tecniche antiche oggetti d’uso quotidiano, monili e le punte di freccia per i vicini Hadzabe, che li ripagano con pelli di animali e miele selvatico. È stata una bella giornata, perché abbiamo fatto un'esperienza con popolazioni autentiche, ancora poco contaminate dal turismo.
 
Al mattino di buon ora siamo partiti per il fotosafari nel Cratere di Ngorongoro, un ambiente unico, senza uguali al mondo. È quello che resta di un antico cono vulcanico, la cui cima è collassata circa 2,5 milioni di anni fa, lasciando posto alla caldera attuale: un tronco di cono, che  ospita un “padellone” dal diametro di 16/20 km, con i bordi rialzati di circa 600 m rispetto al fondo, al cui interno si è sviluppata una savana dove vivono più di 25.000 grandi animali. Tutte le specie della regione, ad eccezione delle giraffe (che qui non trovano nutrimento) vivono nel Cratere di Ngorongoro. Le pendici esterne delle pareti sono ricoperte da un fitto manto di foresta primaria. E' stata una giornata entusiasmante, abbiamo visto molti animali e poi il paesaggio era veramente bello.
 
Dopo un lungo tratto di strada sterrata siamo entrati nel Parco Nazionale Serengeti, uno dei più straordinari parchi dove è possibile avvistare una grande diversità e quantità di animali. Confinante con il Maasai Mara, con i suoi quasi 15.000 kmq, è il più famoso parco della Tanzania ed è il maestoso palcoscenico delle grandi migrazioni stagionali degli erbivori.
 
Dopo qualche km, ci siamo fermati al gate del parco per ritirare i permessi d'ingresso, ma al momento di ripartire una delle jeep non mostrava cenni di vita, allora si sono messi all'opera i nostri autisti con alcuni pseudo-meccanici locali (facevano un po' ridere sinceramente nella loro operatività). Siamo stati fermi un'ora circa, poi con una bella spinta siamo ripartiti. Erano già le 17:30 e ancora avevamo 2h di pista prima di arrivare al campo, il paesaggio circostante, una savana infinita, era di una bellezza surreale con il sole in lontananza che stava tramontando. Eravamo immersi ognuno nei propri pensieri, quando d'un tratto Naftal, il mio autista, inchioda e fa dietrofront, dicendomi che una jeep dietro di noi aveva avvistato dei ghepardi. Ci siamo fermati accanto alle altre macchine e qui abbiamo vissuto un momento unico, un gruppetto di cinque o sei ghepardi si stava avvicinando a noi, dapprima in maniera diffidente, poi con più confidenza fino a quando si sono messi a saltare sulle jeep, salivano e scendevano da una macchina all'altra, uno spettacolo... Non se ne andavano più. Alla fine siamo stati fermi circa un'ora, con il sole che pian piano lasciava spazio alla luna, eravamo ipnotizzati.
 
Siamo arrivati di notte al campo e qui abbiamo avuto la prima esperienza nelle tende.  I campi tendati in molti parchi della Tanzania non sono recintati, quindi gli animali si avvicinano al campo durante la notte, infatti per entrare e uscire dalle tende quando fa buio bisogna essere accompagnati dal personale del campo. Dopo cena prima di andare a dormire abbiamo avvistato bufali, iene e durante la notte abbiamo udito i leoni. Un esperienza meravigliosa a contatto con una natura selvaggia. Al mattino, svegliarsi e godere dell'alba nella savana, con i rumori della natura, è stata una bella sensazione.
 
Dopo colazione abbiamo iniziato il fotosafari in direzione del Nord del Serengeti nelle immense pianure del parco, quasi del tutto prive di alberi. Qui vivono milioni di ungulati in costante movimento alla ricerca di pascoli, sotto lo sguardo rapace di ogni sorta di predatori. Abbiamo visto un po' di tutto: leoni, elefanti, giraffe, zebre, gnu, varie specie di antilopi, iene, struzzi, bufali, ippopotami e tante specie di uccelli. La sera ci siamo sistemati in un altro campo tendato, più spartano del precedente perché nel nord del Serengeti, essendo zona delle grandi migrazioni, i campi sono mobili e seguono costantemente questo fenomeno, quindi sono più semplici rispetto a quelli fissi. In ogni caso tutti i campi, fissi e mobili, sono ben attrezzati con comodi letti in legno e buoni materassi ed il bagno/doccia interno ad ogni tenda.
 
Il giorno successivo, abbiamo assistito alla Migrazione degli Gnu, un'esperienza incredibile l'osservazione di migliaia di questi animali che corrono tutti insieme verso un'unica direzione. L’ecosistema Serengeti ospita più di 1.500.000 gnu, circa 300.000 zebre, 500.000 gazzelle di Thompson, più di 2700 leoni, 1000 leopardi, 500 ghepardi, mandrie di elefanti, impala, antilopi d’acqua, giraffe, genette, e i corsi d’acqua sono popolati da coccodrilli e ippopotami; sono più di 400 le specie di uccelli. I 15.000 kmq del parco nazionale costituiscono solo la porzione maggiore di un ecosistema più vasto, che include anche le Ngorongoro Plains, che giocano un ruolo importantissimo nella celebre migrazione ed sono amministrate dalla Ngorongoro Conservation Area e il Maasai Mara (che si trova più a Nord, in Kenya). Qui l’orografia, la composizione dei suoli e, conseguentemente, il tipo di vegetazione, permettono avvistamenti di animali senza uguali in Africa. Il sottosuolo, costituito da rocce vulcaniche, impedisce nella maggior parte del Serengeti la crescita di piante ad alto fusto e prevalgono le praterie ovvero un ambiente aperto che favorisce gli avvistamenti. Un'altra giornata era trascorsa velocemente, la sera siamo rientrati al campo e, per godere ancora delle belle sensazioni, ho organizzato un aperitivo intorno al fuoco.
 
La mattina successiva abbiamo lasciato il campo in direzione del Lago Natron, ho inserito questa zona proprio per chiudere il cerchio della mia idea di un viaggio in Tanzania, in quanto si differenzia paesaggisticamente da tutto il resto che avevamo visto fino adesso. È situato nella Tanzania settentrionale, nella Rift Valley africana, a circa 600 metri di altitudine, ospita ampissime colonie di microrganismi che contengono un pigmento rosso vivo, responsabile del colore rossastro-arancio delle acque. Il Natron è abituale zona di nidificazione di milioni di fenicotteri rosa che, ghiotti dei cianobatteri presenti in altissima concentrazione nelle acque del lago soprattutto durante la stagione secca (giugno-ottobre), affollano le sue sponde. L’area, estremamente arida, è dominata dal cono perfetto dell’Oldoinyo Leng’ai, il vulcano sacro al popolo Maasai che lo considera la dimora del Dio Leng’ai. Con un altitudine che sfiora i 3000 msm, l’Oldoinyo Leng’ai è l’unico vulcano al mondo ad emettere lava natro-carbonatitica, ricca di carbonato di sodio, a bassissima viscosità e temperatura, dato che sgorga fra i 500 e i 590°C. Durante le emissioni di lava, questa appare come una specie di “fiume” molto fluido, di colore scuro, che alcuni hanno paragonato a un flusso di fango; dopo l’emissione, al contatto con l’acqua, la lava natrocarbonatitica cambia rapidamente verso il colore bianco, facendo sì che la sommità del vulcano sembri ammantata di neve. Oltre ad una passeggiata nelle rive del lago (abbastanza asciutto in questo periodo), abbiamo fatto un'escursione lungo un torrente, camminando anche nell'acqua, fino ad una bella cascata e poi abbiamo fatto il bagno. I campi tendati qui sono molto spartani, hanno sempre il bagno interno alla tenda ma sono di dimensioni più piccole e più semplici, in ogni caso per una notte vanno bene.
 
Il mattino successivo siamo partiti abbastanza presto (più o meno come sempre alle 6:00) in direzione del Tarangire, l'ultimo parco nazionale previsto nel nostro programma di viaggio. La pista per arrivare alla strada asfaltata, è molto dissestata e lunga, in ogni caso anche qui il paesaggio è sempre molto bello. Con i suoi 2.600 Kmq il Parco Nazionale del Tarangire costituisce un ambiente diverso dagli altri Parchi del Nord. Largo una trentina di km in direzione est-ovest e lungo un centinaio di km in direzione nord-sud, è “il parco dei giganti”: ospita infatti colossali baobab e grandi mandrie di elefanti, oltre a leoni, leopardi, antilopi, gazzelle, gnu, zebre, bufali e circa 500 specie di uccelli (tra stanziali e migranti), la più alta concentrazione della Tanzania. Il fulcro della vita è il fiume omonimo, che durante la stagione secca diventa, insieme alla Palude di Silale, l’unica fonte d’acqua disponibile e attira una gran quantità di animali. Dopo 4 giorni di campi tendati, ci siamo sistemati in un bel lodge all'interno del Parco Tarangire, ci siamo goduti un po' di relax in piscina, abbiamo fatto una bella doccia e un’ottima cena d'arrivederci...
 
La Tanzania non è solo uno degli angoli più belli del pianeta ma anche un territorio con una varietà faunistica tra le più ampie della Terra. Conoscere la Tanzania vuol dire tante cose: ammirare le sue bellezze e amarne gli odori pungenti; immergersi nel flusso di una quotidianità incontaminata e sentirsi come se il tempo si dovesse fermare proprio sotto il suo immenso cielo.

 
 
Antonella Pacetti,
Gran Tour Tanzania
Agosto 2019


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